Sull'IPAB Sant'Antonio Abate

Dal giornale "La Sesia" del 26 gennaio 2010

Accuse senza senso: all'IPAB è stato fatto tutto il possibile.

Egregio Direttore,

Sulla questione del Sant'Antonio Abate di Trino, ho letto la lettera dell'Associazione Culturale Senza Sede pubblicata su La Sesia di venerdì 22 gennaio a cui vorrei rispondere. Nel 2002 il Sant'Antonio Abate era una struttura praticamente "da chiudere" perché non più adeguata e conforme agli standard igienico-sanitari e di sicurezza previsti dalla Regione. Una situazione purtroppo dovuta alla scarsissima attenzione e incuranza del passato. Basti pensare che non esistevano neppure le apparecchiature e gli strumenti più comuni per una struttura sanitaria e le caldaie del riscaldamento erano ormai fuori norma. Ma anche il resto non er da meno. Erano stati iniziati i lavori di ampliamento ma subito bloccati per diversi anni, dopo appena il 13% di lavori eseguiti. i degenti erano ancora ricoverati in "stanzoni" che appartenevano ad altra epoca: le strutture di cucina e di lavanderia erano costantemente guaste per la vecchiaia degli impianti ma anche fuori norma al punto che l'Asl stessa aveva imposto (giustamente) la ristrutturazione. Nel frattempo la nuova normativa regionale di gestione delle Asl ha progressivamente limitato il convenzionamento dei degenti non autosufficienti. Nonostante tutto ciò il sottoscritto con il consiglio di amministrazione dell'ente e il presidente Ardizzone, ci siamo rimboccati le maniche e innanzitutto abbiamo ampliato e completato la ristrutturazione della struttura la quale, oggi, oltre ad essere più funzionale e accogliente, risponde pienamente agli standard e alla normative prevista dalla Regione sia dal punto di vista igienico-sanitario che di sicurezza. E'stata anche riqualificata la facciata su Corso Italia degradata dalle alluvioni e dal tempo e delle cui condizioni nessuno si era mai accorto. Il cda dell'ente e il presidente Ardizzone  si sono sempre impegnati per mantenere e gestire la struttura con efficienza e con grande attenzione. Spiace che i trinesi non abbiamo votato la lista dei Senza Sede ma l'abbiano subito licenziata, senza neppure "provare" l'efficacia della loro smisurata cultura e teoria tuttofare: sarebbe stato interessante e anche curioso verificare l'efficienza e il risultato delle loro strategie salvatutto. Con i più cordiali saluti. Giovanni Ravasenga Consigliere comunale.

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Dal giornale "La Sesia" del 19 gennaio 2010

IPAB: a casa 8 operatrici.

L'Ipab Sant'Antonio Abate non rinnova più la convenzione con la cooperativa di servizi "Quadrifoglio" e, dal 1° marzo, perderanno il posto di lavoro 8 operatrici socio assistenziali: solo le quattro addette alle pulizie rientreranno, con un'altra cooperativa, suddividendosi 300 ore mensili. Come si è arrivati a questa situazione lo spiega il presidente dell'ente, Gian Carlo Ardizzone. Nel 2009 avevamo concesso alla Quadrifoglio un aumento del 17%; poi, per quest'anno, è stato chiesto un ulteriore aumento del 10%, inaccettabile per noi, vista la situazione finanziaria dell'Ipab. Non è però solo questa l'unica ragione: l'esigenza è stata determinata dal costante calo degli ospiti. Attualmente sono 30 in casa di riposo e 67 quelli non autosufficienti in casa protetta, di cui 40 convenzionati con l'Asl e 27 che, in attesa di convenzione, pagano la retta per intero. Siamo sinceramente dispiaciuti ma, per mantenere l'attuale livello occupazionale, sarebbe necessario avere almeno 80 ospiti in casa protetta". Chi svolgerà il servizio di assistenza? "Il personale dell'ente, ovvero le 27 operatrici sociosanitarie e le due coordinatrici le quali, di concerto con le rappresentanze sindacali, hanno garantito il rispetto dei parametri assistenziali imposti dalla legge". Fino a qualche anno fa i circa 90 posti, tutti in convenzione, venivano sempre occupati, tanto che molti anziani non autosufficienti erano addirittura in lista di attesa... "Dal 2006 è stato applicato un decreto legge che ha esteso il diritto di convenzione a tutte le strutture pubbliche e private del territorio - chiarisce Ardizzone - da allora è iniziata la diminuzione di utenti della nostra Ipab". Non pensa che il ripristino della quota dei degenti convenzionati risolleverebbe e darebbe sicurezza all'ente, ma soprattutto aprirebbe prospettive concrete per cittadini che hanno diritto alla tutela della loro salute psico-fisica? "E'una decisione politica che potrebbe assumere solo l'assemblea dei sindaci dei Comuni del distretto Asl-Al a cui apparteniamo, con indicazioni al servizio socio-assistenziale dell'azienda sanitaria. Un altro fattore penalizzante è stata la lunga apertura del cantiere di ristrutturazione obbligatoria, che non offriva una degna cornice alle potenzialità dei servizi; stiamo quindi predisponendo adeguate azioni di informazione e promozione di una struttura diventata moderna e accogliente". Se la convenzione con Quadrifoglio è cessata il primo gennaio, chi sosterrà economicamente le lavoratrici fino al 28 febbraio? Il Comune di Trino aiuterà l'ente a sostenere le spese di questi ulteriori due mesi, e il sindaco Felisati, insieme al consiglio di amministrazione dell'Ipab e alle rapresentanze sindacali, si è attivato per aiutarle a ritrovare occupazione nel settore".

 

 

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Sull'IPAB Sant'Antonio Abate

Risposta del Gruppo Senza Sede pubblicata su "La Sesia del 29 gennaio 2010

Gentile Direttore,

                           ci spiace chiedere ancora un po’ di spazio, ma non è possibile tollerare in silenzio che l’ex Sindaco Ravasenga, oltre a non dire una parola sulla perdita del lavoro di 8 operatrici tutelari, non sappia rispondere nel merito alla nostra documentata denuncia relativa alla sua impreparazione sulle questioni socio-sanitarie ed assistenziali. Il doveroso completamento della ristrutturazione dell’ospedale e della sua facciata (i cui lavori di esecuzione meriterebbero, come ben sa Ravasenga, altre censure) non giustificano quello che non è stato fatto, dallo stesso Ravasenga, sul pieno ed equo diritto al ricovero presso la «casa protetta». Se Ravasenga, dal 2002 al 2006, si fosse crogiolato un po’ meno nell’autocompiacimento della baldoria comunale, e avesse frequentato un po’ più i reparti della «casa protetta», forse avrebbe capito il peso, a volte drammatico, delle malattie specifiche della vecchiaia ed il gravoso lavoro occorrente per garantire un dignitoso ed efficace livello socio-sanitario ed assistenziale ai ricoverati. Mancando in questo, l’ex Sindaco Ravasenga, non è stato in grado di comprendere e contrastare le decisioni dell’ASL casalese e dell’Assemblea dei Comuni, favorendo, lo ripetiamo, il pessimo risultato che, per la «casa protetta» di Trino, è sotto gli occhi di tutti: perdita dei posti letto, perdita del lavoro per 8 operatrici tutelari, rette alle stelle con disparità di importo tra cronici “convenzionati” e “non convenzionati” (510 euro mensili per ricevere gli stessi livelli assistenziali!), improponibili liste d’attesa per l’accesso ai ricoveri “convenzionati”, ed il peggio deve ancora arrivare. Per ora ci fermiamo qui. Se Ravasenga accetta un contraddittorio pubblico (decida pure lui dove e quando), allora aggiungeremo il resto.                                              Cordialmente                                      Associazione culturale-Gruppo senza Sede

 

 

 

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Lettera di risposta del Gruppo Senza Sede pubblicata su "La Sesia" del 22 gennaio 2010

Due sono le persone responsabili della crisi, non solo occupazionale, che sta travolgendo il nostro ospedale (Ipab S. Antonio Abate): l’ex Sindaco Giovanni Ravasenga e l’attuale Presidente dell’ospedale Gian Carlo Ardizzone.

Il primo l’hanno già “licenziato” gli elettori trinesi il 7 giugno 2009, il secondo lo dovrebbe sfiduciare, da subito, il Sindaco Felisati. Ravasenga ed Ardizzone hanno innanzitutto fallito su una questione fondamentale: l’incapacità di essere, nei confronti dell’ASL casalese, gli autorevoli e credibili interlocutori nell’applicazione della deliberazione regionale 30.3.2005 n. 17-15226 relativa al «nuovo modello integrato di assistenza residenziale socio-sanitaria a favore delle persone anziane non autosufficienti». In particolare non hanno saputo condizionare (ignorandone poi la gravità) due atti dell’ASL casalese (il n. 2006/27 ed il n. 2006/28) con i quali, sin dal gennaio 2006, si andava a prefigurare, per l’ospedale di Trino, il danno odierno. Di più, Ravasenga ed Ardizzone, negli stessi mesi del 2006, ostentavano pubblicamente, per l’ospedale, un ottimismo di maniera che, oggi ne abbiamo conferma, sfiorava l’irresponsabilità. Ravasenga (Consiglio Comunale, 1/3/2006): “Posso confermare l’impegno e il sostegno dell’Amministrazione comunale (…) con l’obiettivo di incrementare, qualificare e migliorare la capacità di servizio del Sant’Antonio Abate nei confronti del territorio”; Ardizzone (Il Monferrato 28/3/2006): “Ringrazio per la continua e costante attenzione dell’amministrazione verso l’Ente e prevedo una serie di progetti (il consorzio con le Ipab di Casale e Vercelli, ad esempio) che permettano di ridurre le spese e i costi di gestione, senza mai intaccare le rette dei degenti”. Tre giorni dopo (1/4/2006) entrava in vigore la nuova organizzazione assistenziale (penalizzante per l’ospedale di Trino) con l’avallo dell’assemblea dei comuni ex USSL 76 (deliberazione n. 5 del 30/3/2006), compreso quello dell’ex Sindaco di Trino (Ravasenga) che non solo non votò contro il provvedimento finale che deprezzava l’ospedale di Trino ma si guardò bene dal sollevarne l’illogicità nella fase preparatoria. Da questa congiunta inazione sono scaturiti, per la «casa protetta», i seguenti risultati: 1) perdita di posti letto “convenzionati con l’ASL”; 2) aumento vertiginoso delle rette di ricovero in particolare per i posti letto in “forma privatistica” (non convenzionati con l’ASL), “inventati” repentinamente per ripianare l’inevitabile deficit di bilancio. Una pasticciata soluzione amministrativa per un ingiusto carico assistenziale e contributivo che dal 1/4/2006 al 1/1/2010 ha determinato, per la «casa protetta», questa eloquente variazione di cifre: a) perdita di 22 posti letto (2006: 90, 2010: 68); b) dei 68 posti letto occupati 41 sono “convenzionati” e 27 sono “non convenzionati”; c) aumento della retta per i “convenzionati” pari al 23% (2006: 32,5 euro giorno, 2010: 40 euro giorno); d) aumento della retta per i “non convenzionati” pari al 52% (2006: 37,5 euro giorno, 2010: 57 euro giorno). All’interno dell’Ipab è anche attiva una «casa di riposo» che, per i suoi 30 ricoverati (solo in piccola parte autosufficienti), chiede una retta mensile di 1080 euro (760 euro nel 2006). In questa difficile situazione economica, e ancor più complessa organizzazione socio-sanitaria, “mandare a casa” 8 operatrici tutelari da parte di chi non ha saputo governare l’Ipab S. Antonio Abate grida vendetta non solo per chi perde il posto di lavoro, ma per tutti i ricoverati (della «casa protetta» e della «casa di riposo») che saranno i primi a pagare, sul piano dei livelli assistenziali, le conseguenze di questa improvvida soluzione. E’ opportuno invece “mandare a casa” Ardizzone (e tutto il CdA) e tenere in servizio le 8 lavoratrici, affrontando, con Regione e ASL, il vero nodo risolutivo della questione: il ripristino dei posti letto originari contestualmente ad un trasparente sistema di valutazione e organizzazione del ricovero in «casa protetta». Associazione Culturale-Gruppo senza Sede

 Stampato in proprio, Trino 21 gennaio 2010 Corso Cavour, 64/a