Gli anni della persecuzione antiebraica (parte seconda)

                                                                          di Franco Crosio e Bruno Ferrarotti

 

Negli stessi giorni del dicembre 1938 in cui la professoressa Tricerri, da Trino, esalta le leggi razziali del Duce come “provvidenze di cui non è chi non veda l’importanza”, il Ministero dell’Interno invia ai Prefetti e, quindi, ai comuni le prime circolari applicative del regio decreto legge 17 novembre 1938 n. 1728: «Provvedimenti per la difesa della razza italiana». Le disposizioni ministeriali impartiscono infatti le direttive affinché “i dipendenti degli enti locali che appartengono alla razza ebraica siano dispensati dal servizio nel termine di tre mesi dalla data di entrata in vigore del decreto”, ovvero entro il 4 marzo 1939; dettano anche le norme per individuare “colui che è di razza ebraica” oltre a quelle atte a “denunziare ed annotare nei registri dello stato civile e della popolazione l’appartenenza alla razza ebraica”. Di quest’ultima prescrizione abbiamo cercato di ricostruire come i relativi atti amministrativi siano stati recepiti da un Comune del Vercellese (Trino). Le denunce di «appartenenza alla razza ebraica» per i residenti a Trino furono quattro: Segre Israel Vita fu Davide nato a Torino il 23.8.1873 (dichiarazione del 14.12.1938); Muggia Guido fu Vittorio nato a Trino il 1.7.1900, chimico farmacista (dichiarazione del 2.2.1939); Muggia Virgilio di Salvatore nato a Candia Lomellina il 12.8.1890, geometra (dichiarazione del 28.2.1939 sulla quale annota, non senza una punta di sarcasmo, “di essere cittadino italiano dalla nascita, di non essere mai stato iscritto in Comunità Israelitica e di non aver mai professato la religione ebraica, perché libero”); Luzzati Angelo fu Leone nato a Trino il 20.1.1877, impresario (dichiarazione del 3.3.1939). C’è poi da aggiungere che dai Comuni diversi da Trino in cui risiedevano ebrei nati a Trino o che a Trino avevano contratto matrimonio, doveva pervenire all’ufficio anagrafe trinese la comunicazione di avvenuta dichiarazione di «appartenenza alla razza ebraica» da registrare nei rispettivi atti di stato civile. Interessate da questa operazione (sia per nascita sia per matrimonio) noi abbiamo annotato 61 persone, anche se in realtà all’8 aprile 1939 furono comunicati solo 24 nominativi: Foa Giacobbe (nato 1867, morirà ad Auschwitz nel 1944), Foa Salvatore (n.1885), Ghiron Aldo (n.1912), Ghiron Ottavio (n.1884), Jona Marianna (n.1858), Lattes Ida (n.1882), Lattes Perla (n.1868), Luzzati Mario (n.1909), Muggia Adriano (n.1895), Muggia Celestina Pia (n.1870, morirà ad Auschwitz nel 1944), Muggia Ermelinda (n.1873), Muggia Ernesto (n.1864), Muggia Giulietta (n.1871), Muggia Isaia (n.1865), Muggia Marianna (n.1855), Muggia Ottavia (n.1862), Muggia Rosetta (n.1856), Muggia Salvatore (n.1858), Sacerdote Celestina Bella (n.1863), Sacerdote Maria (n.1875), Segre Davide Cesare (n.1886, morirà ad Auschwitz nel 1944), Segre Ermelinda Bella (n.1875, morirà ad Auschwitz nel 1943), Segre Vittorio (n.1863), Treves Benvenuto (n.1866). Il RDL n.1728/1938 introduceva poi all’art. 14 un ulteriore adempimento burocratico finalizzato alla distinzione fra le stesse «persone di razza ebraica». Il Ministro dell’Interno poteva infatti dichiarare “non applicabili” alcune misure discriminatorie ad ebrei che potessero vantare meriti “patriottici” (quindi a mutilati, invalidi e feriti di guerra), agli iscritti al partito nazionale fascista nei suoi primi anni di vita, ai legionari fiumani o a persone che avessero “acquisito eccezionali benemerenze”. Si trattava dei cosiddetti «ebrei discriminati» i quali, come è stato osservato, “dal punto di vista delle conseguenze giuridiche erano considerati «un po’ meno ebrei», alla faccia delle ferree classificazioni «scientifiche» della razza…”. Furono 16 gli «ebrei discriminati» trinesi (dei residenti il solo Virgilio Muggia: atto n. 513/10474 del 2.4.1939). Nell’inquietante situazione generale può essere eloquente il fatto (ininfluente sulla certificazione razziale) che, sempre nel 1938, poco tempo prima dell’emanazione della legislazione antiebraica ebbe luogo, preceduto da tre mesi di preparazione spirituale, il passaggio dalla religione ebraica a quella cristiano-cattolica, mediante Battesimo, del trinese Adriano Muggia primario di medicina dell’ospedale Santo Spirito di Casale. E’ del pari significativo osservare che non esistevano invece «certificati di arianità» che, verosimilmente, qualcuno richiedeva se una specifica circolare prefettizia (la n.1387 del 3.7.1940) sentì la necessità di spiegarne l’omissione: “La non appartenenza alla razza ebraica deve ritenersi comprovato dalla mancanza dell’annotazione di cui all’art. 19 del RDL 17.11.1938 – XVII , n.1728 sugli estratti degli atti di stato civile e relativi certificati”.

Il processo di estraneazione giuridica, ideologica e sociale degli ebrei avviato con le leggi razziali del 1938 conoscerà la tragica estremizzazione a partire dall’armistizio dell’8 settembre 1943, con l’inizio dell’occupazione militare tedesca e la costituzione della Repubblica sociale italiana. Il 23 settembre 1943 una disposizione interna della polizia tedesca inserisce ufficialmente gli ebrei di cittadinanza italiana tra quelli immediatamente assoggettabili alla deportazione nei campi di sterminio, senza dimenticare che tra il 15 ed il 23 settembre si era già concretizzata la prima deportazione (da Merano) di ebrei arrestati in Italia e i primi eccidi di ebrei nella nostra penisola (Meina sul lago Maggiore). Con l’approvazione (14 novembre 1943) del «manifesto programmatico» del nuovo partito fascista repubblicano si stabilisce (punto 7) che “gli appartenenti alla razza ebraica sono stranieri (e) durante questa guerra appartengono a nazionalità nemica”. L’ordinanza di polizia n.5 del 30 novembre 1943 del Ministro dell’Interno Guido Buffarini Guidi dispone perciò l’arresto degli ebrei di tutte le nazionalità, il loro internamento dapprima in campi provinciali e poi nazionali, il sequestro di tutti i loro beni. Un’ulteriore radicalizzazione relativa alla disciplina dei beni patrimoniali ebraici avverrà con il decreto legislativo del Duce n.2 del 4 gennaio 1944 con il quale si disporrà la confisca totale dei beni appartenenti agli ebrei anche se «discriminati».

In provincia di Vercelli (come certifica il «Rapporto sulla situazione degli ebrei nella provincia» redatto il 4 ottobre 1945 per il Ministero dell’Interno) “le persecuzioni vere e proprie contro gli ebrei ebbero inizio dall’8 settembre 1943”. Pochi giorni dopo l’arrivo dei reparti germanici nella città di Vercelli (10 settembre) e nella provincia, “gli ebrei (dietro consiglio ed avvertimento dell’arcivescovo Giacomo Montanelli) abbandonarono le loro residenze abituali e cercarono un provvisorio rifugio nei paesi del circondario non ancora presidiati dai nazisti”. Il 6 dicembre 1943 il Capo della provincia Michele Morsero ordina che il podestà di Vercelli, Mario Busca, “provveda subito ad allestire un campo di concentramento per gli appartenenti alla razza ebraica alla cascina Aravecchia”. Nell’allestimento del campo dovevano essere osservate «norme di igiene e di pulizia» e dovevano, inoltre, essere presi accordi con la SEPRAL (Sezione provinciale alimentazione) e con l’ECA (Ente comunale assistenza) onde approntare le «refezioni per il campo». Agli ebrei concentrati veniva concesso, previo accordo con la questura repubblicana, “di portare con sé in pacchi, per non usare valigie di cuoio o materiale affine, un corredo personale limitato a due coperte di lana, due lenzuola ed alcuni effetti di biancheria personale strettamente indispensabile”. Il campo di concentramento alla cascina Aravecchia (una capienza di 65 posti, la cui responsabilità è affidata a Giulio Panvini Rosati, ufficiale di P.S.) cominciò a funzionare dalla vigilia di Natale del 1943 con 7 internati che, molto probabilmente erano i primi ebrei arrestati il 4 ed il 12 dicembre (Albertina Ciocchetti, Salvatore Ciocchetti, Olga Franchetti, Desiderio, Irma, Hilota ed Alfredo Weiss). Olga Franchetti, Desiderio, Irma e Hilota Weiss moriranno nei campi di sterminio nazisti con altri 40 ebrei vercellesi e altri 6.000 ebrei residenti in Italia (dei 6.806 deportati).

Con l’entrata in vigore (10 gennaio 1944) del decreto relativo alla confisca dei beni, la «caccia» agli ebrei si fa devastante. A corollario di questo provvedimento legislativo il Capo della provincia Morsero chiede ai podestà ed ai commissari prefettizi dei comuni (circolare n.3307, 11.2.1944, “oggetto: beni ebrei”) di trasmettere “l’elenco nominativo degli appartenenti alla razza ebraica discriminati o non”. Da questo censimento il numero degli ebrei residenti in provincia risulterà essere di poco superiore ai 200, la qual cosa non è però legata alla predisposizione dei decreti di confisca che per tutta la provincia saranno 107 su un totale nazionale di 7187 (8150 nominativi). Ancora l’esempio di Trino può essere utile per comprendere la discrepanza tra ebrei residenti ed ebrei titolari di beni da confiscare. Gli ebrei residenti a Trino al 16.2.1944 sono certificati dal commissario prefettizio Pietro Tricerri in una precisa nota di risposta alla prefettura repubblicana: “Informo che nel territorio di questo comune risiedono i seguenti individui di razza ebraica: Muggia Guido fu Vittorio, Luzzati Angelo fu Leone, Segre Israel Vita fu Davide (tutti non discriminati). Sono inoltre qui residenti, per sfollamento da località colpite da offesa aerea nemica: Muggia Attilia fu Isaia, Muggia Claudio fu Giacobbe, Foa Salvatore fu Elia, Foa Moise fu Elia, Foa Anita fu Alessandro (provenienti da Torino)”. I provvedimenti di confisca relativi agli ebrei trinesi riguardarono invece: 1-Luzzati Angelo e Ippolito fu Leone (decreto n.15483, 27.7.1944); 2-Muggia Attilia fu Isaia (decreto n.9385, 12.5.1944); 3-Muggia Salvatore fu Elia (decreto n.15658, 7.8.1944); 4-Muggia Adriano fu Eugenio (decreto n.19491, 4.10.1944); 5-Università Israelitica di Trino (decreto n.14468, 13.11.1944). A questi occorre aggiungere il caso rappresentato dalle giovani sorelle Laura e Silvia Muggia fu Virgilio (morto il 21.12.1940) per le quali nacque una intricata situazione ereditaria che determinò l’interessamento dell’avvocato novarese Gaudenzio Andreoletti, amico di Morsero, per scongiurare l’applicazione della confisca.

Non è compito di questa memoria entrare nel dettaglio, che pur sarebbe interessante, delle singole effettive spoliazioni, quanto quello di sottolineare come queste azioni fossero, ancor prima che un affare di denaro per il regime fascista, uno dei tanti atti di quella infame persecuzione il cui obiettivo finale era l’annullamento morale e quindi lo sterminio di tutti gli ebrei.                                                                    (2.Fine